Mozione per la promozione del FOSS nella Regione Liguria
Nel mese di settembre 2015 il Gruppo Consigliare del Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione per la promozione del software libero e open source che condividiamo e che pubblichiamo nella sua interezza. Ci auguriamo che abbia il seguito che merita.
Gruppo Consigliare del Movimento 5 Stelle
Al Presidente
del Consiglio Regionale
Assemblea Legislativa della Liguria
Sig. Francesco BRUZZONE
SEDE
Genova, 21/09/2015
Prot. 63 – XL/2015
MOZIONE
(ai sensi dell’articolo 121 del Regolamento interno)
Oggetto: Promozione del FOSS (Free and Open source software) nella Regione Liguria.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO CHE:
tra i fenomeni significativi legati allo sviluppo dell’ICT (Information & Communication Technology) ha assunto ormai particolare rilievo ed importanza quello che va sotto il nome di Open Source, denominazione sotto la quale si deve intendere software di gestione delle informazioni e delle comunicazioni che per il quale sia disponibile il codice sorgente oppure il FOSS (Free and open source software), ovvero utilizzabile senza vincoli di licenze o di contratti di supporto e manutenzione o formazione;
sono ormai numerose le PA, anche in Italia, che sperimentano l’uso di Open Source, come ad esempio il Comune di Modena, che ha ottenuto risparmi pari ad un milione di euro all’anno grazie alla migrazione verso soluzioni aperte;
il decreto legislativo n. 85 del 2005 – articolo 68 – impone alle PA di realizzare una valutazione comparativa prima di acquisire il software da utilizzare;
CONSIDERATO CHE:
la contrazione delle risorse disponibili per gli enti pubblici dovrebbe sollecitare i diversi livelli della PA ad una attenta e informata analisi delle possibilità di risparmio, unitamente alle prestazioni e agli standard di sicurezza, offerti dall’Open Source;
il Software Open Source offre indiscussi vantaggi che le PA possono trarre dalla sua adozione, quali: accesso al codice sorgente garantendo il pieno controllo sulle operazioni svolte dal software; indipendenza dal fornitore; possibilità di sviluppare autonomamente nuove funzionalità del software; minori o inesistenti costi di licenza; possibilità di utilizzare sempre l’ultima versione del prodotto software; possibilità di riutilizzo di applicazioni sviluppate da altre Pubbliche Amministrazioni; comprovata qualità delle applicazioni Open Source; uso di formati standard aperti, universalmente riconosciuti e stabili nel tempo; pieno rispetto dei Dlgs e delle direttive nazionali;
RILEVATO CHE la delibera di Giunta n. 62 del 2014 relativa all’introduzione all’interno dell’Amministrazione regionale del sofware libero in attuazione del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale) dice che “Come è noto i programmi informatici per elaboratore sono considerati “opere dell’ingegno” e come tali sono soggetti alla disciplina sul diritto d’autore, e non a quella sui brevetti industriali. Si tratta di una collocazione, peraltro diffusa a livello internazionale, che garantisce al titolare del diritto lo sfruttamento economico dello stesso in maniera praticamente indefinita, tenendo conto della vita relativamente breve dei software .
Tra l’altro, l’estrema dipendenza tra i software, i database, i middleware, i sistemi operativi, fa sì che facilmente si creino delle situazioni di privativa ex. art. 57 del Codice degli Appalti con posizioni dominanti in mano ai grossi produttori che possono mantenere alti i prezzi senza timore della concorrenza.
Di fronte a questa situazione negli anni si è sviluppato un vasto movimento di sviluppatori in gran parte volontari, che ha permesso lo sviluppo di “software libero”, ossia di software non vincolato da diritti d’autore e che tutti possono modificare e innovare. Con l’intento di garantire maggiori economie di spesa favorendo la diffusione di questo software l’articolo 68 del D.lgs. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale) come modificato dal D.L. 83/2012 (Decreto Sviluppo), stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni, nell’acquisizione dei software necessari al loro funzionamento, privilegino il software libero o a codice sorgente aperto. Non vi è una definizione normativa nazionale aggiornata di cosa si intenda per questo software. La definizione più precisa si rinviene nella l.r. Puglia n. 20/2012, che è la più recente sul punto:
“per software libero si intende il software distribuito con una licenza d’uso che, consentendo un pieno e libero accesso al codice sorgente, concede al licenziatario le seguenti quattro libertà:
1) libertà di eseguire il programma per qualunque scopo, senza vincoli sul suo utilizzo;
2) libertà di studiare il funzionamento del programma e di modificarlo perché funzioni come l’utente desidera;
3) libertà di ridistribuire copie del programma;
4) libertà di distribuire copie delle versioni modificate del programma.
Un programma non è software libero se:
1) gli utenti non ne possono utilizzare il “sorgente corrispondente” quale definito all’articolo 1 della licenza GNU GPL versione 3;
2) il suo funzionamento richiede anche parzialmente l’uso di applicativi, framework, middleware o altri componenti non in software libero.”
Per quanto attiene ai dati, i “formati aperti”, ovvero specifiche pubbliche per la descrizione e l’archiviazione di dati digitali senza barriere di natura legale o tecnica, rappresentano oggi una opportunità preziosa per garantire l’accesso a lungo termine alla documentazione e ai dati prodotti dalla Pubblica amministrazione. Inoltre, in un’ottica di lungo periodo, l’importanza dell’utilizzo di formati aperti assume particolare rilevanza anche a fronte del processo di dematerializzazione che è attualmente in atto.
Le pubbliche amministrazioni italiane, in coerenza con quanto già avviene nei paesi della Comunità europea, nella scelta dei formati da usare per la diffusione e archiviazione dei propri dati e documenti devono:
– evitare di imporre vincoli tecnologici ed economici agli utenti;
– assicurare interoperabilità tra i sistemi e flessibilità nell’utilizzo dei dati;
– evitare vincoli nei confronti di particolari produttori, favorendo la libera concorrenza di mercato;
– utilizzare standard che siano certificati e diffusi.
A differenza dei formati proprietari, i formati aperti non hanno misure di restrizioni legale per il loro utilizzo e vengono solitamente gestiti da enti di standardizzazione, i quali rilasciano le relative specifiche a disposizione di una comunità di sviluppo che a sua volta contribuisce all’evoluzione degli standard. I formati aperti hanno il vantaggio di poter essere gestiti da software proprietari, open source o da software libero, ciascuno con le proprie modalità di licenza, lasciando all’utente la possibilità di utilizzare la piattaforma che preferisce”;
VISTO CHE, sempre nella medesima delibera, a proposito di licensing si dice che “La politica di licensing dei principali fornitori sottopone i clienti a continui audit e controlli per verificare la corretta applicazione delle clausole inserite nelle condizioni generali di contratto. Recentemente, inoltre, Microsoft ha disattivato gli aggiornamenti del suo Sistema Operativo più diffuso, Windows XP, costringendo la gran parte delle Amministrazioni a migrare su Windows 7 che, per i più elevati requisiti in termini di risorse CPU e RAM, costringe a “rottamare” anticipatamente PC che potrebbero avere ancora vita utile. In questo quadro, l’introduzione del software libero può rappresentare una soluzione per contenere i costi e aumentare il potere contrattuale nei confronti dei grandi titolari di licenze. Per contro, l’introduzione di questo tipo di software necessita di particolari competenze informatiche, di formazione dei tecnici dell’assistenza, del cambiamento di abitudini da parte dei lavoratori dell’ente, di gestione della compatibilità interna tra i softwares. Nel quadro della progressiva riduzione delle risorse regionali, il Settore Sistemi Informativi e Telematici regionali ha avviato una revisione delle licenze d’uso in capo allo stesso, con l’obiettivo di ridurne il costo, entro la fine del 2014, del 10%, con un saving stimato di circa 60.000 euro/anno. Le minori richieste di hardware da parte dei sistemi operativi open permettono inoltre di prolungare la vita operativa di molti PC, risparmiando così sugli acquisti per il rinnovo del parco macchine. Per ottenere una maggiore riduzione di spesa, si ritiene opportuno quindi introdurre il software libero all’interno dell’amministrazione regionale, per poi diffonderlo anche all’interno degli enti del SIIR. L’introduzione avverrà in maniera graduale, per non sconvolgere l’attività lavorativa e per garantire una graduale formazione dei tecnici deputati all’assistenza:
1.Verrà installato il Sistema Operativo Linux su circa 300 PC che altrimenti dovrebbero essere sostituiti nel 2015. Il risparmio dalla mancata sostituzione è valutato in circa euro 120.000.
2.Come programma standard regionale per l’Office Automation verrà scelto uno tra Libreoffice o OpenOffice, i più diffusi software aperti continuamente aggiornati e gratuiti. L’installazione di software proprietario sarà riservata a specifiche motivate esigenze.
3.Verrà effettuata una revisione degli applicativi esistenti per far sì che, ove possibile, essi siano liberati da dipendenze da software licenziato e siano allineati allo standard HTML 5
4.Tutti i nuovi applicativi, ove possibile, saranno acquisiti o sviluppati ponendo come vincolo che gli stessi si appoggino su software liberi, e non creino condizioni di ulteriore dipendenza da software licenziato.
5.Verrà effettuata una revisione dei sistemi operativi lato server, dei database, dei datawarehouse, dei linguaggi di programmazione utilizzati da Regione tramite Datasiel con l’obiettivo di ridurre o azzerare i costi di licenza e manutenzione.
6.Il server di posta elettronica verrà gradualmente spostato su una configurazione mista con un server aperto, per poi valutare il passaggio integrale a tale sistema.
7.Verrà progettata la migrazione del Dominio di Rete su formato aperto, valutando il rapporto costi/benefici.
Sulla base delle considerazioni di cui sopra, si propone alla codesta spettabile Giunta di:
– dare mandato al Settore Sistemi Informativi e Telematici regionali di introdurre il software libero all’interno dell’Amministrazione regionale, secondo le azioni elencate;
– impartire quali indirizzi alla Società in house “Datasiel s.p.a.” di adottare il medesimo percorso al proprio interno, dando supporto alla Regione per le attività di cui sopra;
– assumere come indirizzo generale che le strutture regionali utilizzino sempre dati in formato aperto per diffondere e archiviare i propri documenti e per acquisire documenti provenienti dall’esterno”;
CONSIDERATO CHE in questo modo si otterrebbero i seguenti vantaggi:
1.RISPARMIO – La Regione Liguria e tutte le altre regioni creando un team comune di sviluppo software risparmierebbero rispetto alla pratica di dare appalti a diverse singole aziende regionali, in quanto i costi di sviluppo software sarebbero divisi tra tutte le regioni italiane, in proporzione al loro gettito fiscale. Tramite l’adozione dell’opensource, ogni regione avrebbe un risparmio tangibile, dovuto alla semplice possibilità di riusare e migliorare il software sviluppato dalla PA per ciascuna regione. Uno scenario immaginario ma fattibile è quello in cui una PA, per esempio la Regione Liguria, voglia sviluppare un software per digitalizzare alcuni suoi servizi, per fare questo appalta lo sviluppo ad una prima azienda che rilascia pubblicamente i sorgenti da lei sviluppati. A questo punto una qualsiasi altra regione italiana, può riusare il software sviluppato per la Regione Liguria e migliorarlo, assegnando la manifattura ad un’altra azienda diversa dalla prima, aggiungendo nuove funzionalità prima non presenti o richieste. Avendolo rilasciato pubblicamente, la Regione Liguria avrà nuove funzionalità senza nemmeno averne osservato in principio la necessità. Questo è uno scenario tra regioni alla pari, peer-2-peer, senza la presenza di poteri forti centrali che vogliono mantenere il monopolio sul mercato della produzione del software per la PA. Tale scenario ad alta competitività infatti è realizzabile proprio grazie alla libera redistribuzione al cittadino del software e delle conoscenze necessarie per entrare nel mercato dello sviluppo e manutenzione di un prodotto per la PA.
2.STANDARDIZZAZIONE INDIRETTA DEI DATI – I software sviluppati sarebbero usati in tutte le regioni e potrebbero comunicare tra loro ed interoperare, ponendo fine alla babilonia di standard proprietari dei software sviluppati da aziende informatiche appaltatrici diverse per ogni regione, questo perché sarebbe di dominio pubblico la conoscenza del formato con cui vengono prodotti e consumati i dati dai software. Questo consentirebbe di sfruttare una vera rete informatica nazionale per analizzare le attività, l’efficienza e spese delle diverse PA sul territorio, e fissare dei parametri legislativi che il sistema stesso potrebbe determinare, come nel caso del confronto dei costi dei materiali sanitari acquistati dagli ospedali pubblici, consentendo di individuare immediatamente prezzi fuori mercato o di condividere i fornitori che fanno i prezzi più bassi tra tutte le strutture delle varie regioni.
3.TRASPARENZA – Sviluppando e rilanciando prodotti software in modo opensource si guadagnerebbe la possibilità di avere sistemi informatici che possano essere soggetti a revisione da tutti gli esperti e professioni e siano anche aperti ai contributi volontari della comunità pubblica, impedendo così al contempo che i sistemi contengano attività fraudolente o dolose ai danni della pubblica amministrazione o del cittadino, dette in linguaggio tecnico, back-door.
4.NON DOVER REINVENTARE LA RUOTA OGNI VOLTA – La gestione indipendente di ogni regione nel processo di sviluppo del software per le PA locali ha fino ad oggi costretto ogni regione a sviluppare dei software per risolvere problemi già risolti da altre regioni, con uno spreco di tempo e risorse incredibile. La creazione di una serie di piattaforme software standard per tutte le regioni consentirebbe di trovare e sviluppare soluzioni tecniche software una sola volta e poi applicare quella soluzione a tutte le regioni.
5.SINERGIA – L’adozione di un’unica piattaforma di strumenti digitali da parte delle regioni, consentirebbe una sinergia nella loro gestione, nella manutenzione e nella risoluzione di bug. Inoltre l’esperienza d’uso dei software in alcune regioni potrebbe ispirare evoluzioni tecniche degli stessi contenenti nuove e migliori funzionalità di cui godrebbero tutte le amministrazioni pubbliche e che tutte queste ultime contribuirebbero a sviluppare nel tempo.
6.INCREMENTO DELLA CONCORRENZA SUL MERCATO DELL’ICT – Appaltare ad una ditta la produzione di prodotti informatici per la PA non significa direttamente produrre codice opensource, la PA già adesso richiede la consegna del codice sorgente che sviluppa e sarebbe pure forsennata se non fa rivalere tale diritto in sede contrattuale. Il problema, che con questa proposta si tenta di risolvere, è che il software che la PA compra sul mercato, nella condizione attuale, non è pubblicamente visionabile e riutilizzabile da una seconda categoria di aziende che vogliano entrare nel mercato della fornitura di prodotti ICT per la PA. Questa tipologia di aziende per entrare nel mercato per la PA, deve affrontare i seguenti problemi e costi già remunerati alle aziende che hanno lavorato per la PA:
se vuole mantenere un software prodotto per la PA deve acquisire il know-how del software la cui produzione è stata già pagata anche da lei, tramite le tasse;
se deve sviluppare un nuovo prodotto per una PA, simile a quelli già prodotti per la PA, deve sviluppare tutto il prodotto da capo, invece di riusare porzioni di sottosistemi tra quelli già prodotti per la PA;
se deve riusare o accedere a dati che la PA ha già pagato non può farlo perché non pubblicamente rilasciati.
Per fare una metafora semplificatrice, è come se la PA, tra le aziende che forniscono manutenzione stradale, dovesse scegliere quella con il prezzo più basso ma alcune aziende debbano aggiustare le buche già attappate dalle aziende che già lavorano per la PA. Questo crea un regime di monopolio per le aziende che forniscono prodotti informatici per la PA;
IMPEGNA
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE E L’Assessore competente
ad avviare un’analisi di fattibilità della migrazione della totalità dei sistemi informatici utilizzati nella Regione Liguria verso software Open Source, lasciando comunque la possibilità di utilizzare soluzioni interoperabili proprietarie di terze parti. Questa analisi comprenderà l’introduzione immediata del sistema operativo Linux e della suite di applicazioni da ufficio Libre Office, entrambi open source e gratuiti, al posto dei loro corrispettivi non open source e a pagamento Microsoft Windows e Microsoft Office su tutti i terminali utilizzati dai dipendenti della Regione a puro scopo di segreteria o produzione documenti. L’analisi dovrà tenere conto di tutti i prodotti software specificatamente acquisiti e commissionati dalla Regione Liguria nel tempo per proprie esigenze al fine di valutarne la “trasportabilità” su sistema operativo Open Source;
a procedere ad una attenta ed approfondita analisi delle spese regionali per licenze software di tipo proprietario attualmente acquisite, in fase di acquisizione e rinnovo periodico che potrebbero essere ridotte tramite l’adozione di software e soluzioni Open Source, allo scopo di raggiungere significativi risparmi senza alcuna riduzione delle funzionalità offerte dal software al momento in uso;
a coinvolgere le realtà liguri esperte di Open Source (es. università che operano attivamente nel settore del software aperto, gruppi no profit e associazioni attive nell’ambito del software aperto aventi come obiettivo la sua diffusione) per intraprendere un cammino costruttivo verso l’adozione estesa di software aperto in Regione Liguria. Il software open source che adotterà la Regione dovrà avere tutti i propri file dati in formati standard aperti, liberi e riconosciuti da enti internazionali. Lo sviluppo di nuove applicazioni dovrà essere effettuato grazie a linguaggi e tecnologie di programmazione che sono standard a lungo termine e multipiattaforma. L’adozione di tecnologie open e non proprietarie, garantirà la manutenibilità a lungo termine, indipendentemente dalla vita di un’azienda fornitrice, le tecnologie aperte, essendo di dominio pubblico, sopravviveranno a qualsiasi crisi economica;
ad istituire, nel contesto dei programmi di aggiornamento professionale dei dipendenti della PA, corsi della durata di poche ore al fine di familiarizzare i dipendenti regionali con il software aperto (per altro spesso pressoché identico al software Microsoft). La scelta dei contenuti di tali corsi sarà concordata con il supporto delle associazioni no-profit, l’erogazione di tali corsi sarà affidata tramite appalto pubblico e vincolata alla qualità fornita;
ad intraprendere una campagna di sensibilizzazione sui temi legati al Software libero all’interno dell’Amministrazione regionale;
a promuovere attivamente una INIZIATIVA DI COORDINAZIONE MULTIREGIONALE, integrata con l’Agenda Digitale Italiana, PER LO SVILUPPO E IL RILASCIO DI SOFTWARE PER LA PA. Questo significa dare vita ad una iniziativa di coordinazione tra tutte le regioni italiane e le istituzioni per sviluppare un unico insieme di applicazioni software per la PA e la Sanità che siano in grado di soddisfare le esigenze di tutte le regioni. Parallelamente alla pubblica distribuzione del software sviluppato per la PA, si propone di pubblicare tutti i relativi documenti, in formato elettronico, prodotti durante tutto il processo di sviluppo degli strumenti sviluppati per la PA, tramite un sistema unico di pubblicazione a libero accesso. Questa pubblicazione non sarà solo segno di trasparenza ma permetterà a qualunque cittadino e professionista di attingere a questa fonte riutilizzando e migliorando i prodotti finanziati con fondi pubblici. Per cooperare e monitorare alla corretta attuazione di queste iniziative si propone l’istituzione di una commissione di soggetti della società civile.
F.to: Fabio Tosi, Francesco Battistini, Marco De Ferrari, Andrea Melis, Gabriele Pisani, Alice Salvatore
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